Facoltà Teologica del Triveneto: Progetto THESIS Fttr

Tipologia Tesi: Baccalaureato in Teologia

  • Il senso cristiano del morire

    Riflessioni alla luce di alcuni scritti di Karl Rahner e della vita di Mariacristina Cella Mocellin

    Nella cultura occidentale attuale l’uomo, spinto dalla forza della scienza che pretende di dare spiegazione ad ogni cosa, è ormai abituato a programmare e gestire le situazioni e gli eventi in maniera sempre più precisa. La morte, come evento che si impone nell’esistenza umana, rompe questa dinamica e di fronte ad essa l’uomo poco attento rischia di provare un forte senso di smarrimento. Il Vangelo, a proposito, ci dà un chiaro avvertimento: «State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso» (Mc 13,33). Ma cos’è questa attenzione che il cristiano deve vivere nei confronti della sua fine? È possibile arrivare in qualche modo preparati all’evento della morte? Cos’ha da dire in merito il cristianesimo? La fede ci dice che Cristo ha vinto la morte, ma cosa significa concretamente per il cristiano? Queste sono alcune questioni attorno al quale è stata svolta la presente ricerca. L’intenzione non è quella di dare risposte certe, ma di sviluppare tracce di riflessioni a partire da due testimoni: Karl Rahner e Mariacristina Cella Mocellin.
    Il primo capitolo è dedicato al pensiero del teologo tedesco. Gli scritti di Karl Rahner ci consegnano una riflessione sistematica sulla morte come dimensione costitutiva dell’uomo, vista non tanto come evento che pone fine ad un’esistenza, ma come processo che accompagna l’uomo durante tutta la vita. «Della morte si fa esperienza nella vita, ancor prima della morte biologica, nell’esperienza della finitezza, nell’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’insuccesso e nelle mille figure di morte parziale». In questo processo Karl Rahner evidenzia due dimensioni: la morte come avvenimento passivo subìto dall’uomo e la morte come compimento definitivo di una storia di libertà. «Nel morire si subisce la morte, ma insieme si compie la morte, in quanto morire è l’atto della vita, che compie la vita, e così raccoglie l’intero atto della vita». Per questo la morte può essere intesa, secondo la fede cristiana, come manifestazione del peccato, ma anche come evento di salvezza. «Infatti la morte, oltre che essere espressione del peccato e quindi della nostra solidarietà con la rottura realizzata in Adamo, può essere manifestazione del con-morire con Cristo, culmine dell’assimilazione della sua morte salvifica».
    Ciò che Rahner scrive nei suoi testi, trova pieno riscontro nella vita di Mariacristina Cella Mocellin, alla quale è dedicato il secondo capitolo. La sua esistenza è segnata dal costante desiderio di rispondere all’amore di Dio che essa scopre molto presto. La sua aspirazione si concretizza nella relazione con Carlo con cui si sposa e ha una famiglia. Durante la terza gravidanza Mariacristina si trova a dover affrontare l’esperienza della malattia, che la porterà alla morte all’età di 26 anni, lasciando un marito e tre bambini. È in questa fase della sua vita che emerge in maniera particolare la sua altissima spiritualità. La profonda fede di questa donna può dirci molto sul mistero della morte. Interamente unita a Cristo, Mariacristina ha imparato da lui ad abbandonarsi totalmente al Padre e a vivere anche le situazioni più drammatiche nella certezza che Dio è sempre presente e non abbandona mai i suoi figli. Assieme alle lettere e al diario che Mariacristina ci ha lasciato, ho utilizzato come fonte la sua biografia scritta da Alberto Zaniboni. Il valore di quest’opera è anzitutto nel lavoro di raccolta delle testimonianze di chi ha vissuto vicino a lei. Esse rappresentano una preziosa fonte per conoscere e approfondire la spiritualità di Mariacristina.
    Il terzo capitolo si presenta come sintesi dei due precedenti. La riflessione teologica di Rahner e la vita di Mariacristina convergono nell’esperienza di fede del cristiano chiamato a sperimentare la vicinanza di Dio nel momento della sofferenza. Il percorso che qui viene tracciato non è da intendersi come unica scelta possibile in un cammino di fede. Dio, nella sua provvidenza, agisce diversamente nella vita di ogni uomo e non è possibile stabilire una misura nella risposta che ognuno dà. Per questo le riflessioni qui proposte non sono da intendersi come indice di giudizio ma come nutrimento per una speranza radicata in Cristo.



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