La relazione educativa da una prospettiva neurobiologica
analisi di alcuni contributi di D. J. Siegel.
In questo lavoro di tesi ho cercato di evidenziare il contributo della neurobiologia di Siegel nell’ambito della relazione educativa, basata su una visione antropologica cristiana. Infatti, le ricerche neuroscientifiche, libere da possibili ipoteche riduzionistiche, possono aiutare la teologia a riflettere sull’uomo concreto, a partire dalle esperienze che vive. In modo particolare, la neurobiologia interpersonale analizza, in maniera interdisciplinare, la nostra identità attraverso l’interazione che scaturisce tra la mente, il cervello e le relazioni. Questa disciplina esamina sia le connessioni presenti nel cervello, sia quelle che emergono tra diversi cervelli collegati tra loro attraverso le relazioni, con la finalità di comprendere meglio la mente e di promuoverne il benessere. Secondo questi studi, l’identità personale emerge dall’interazione tra la nostra mente, il nostro cervello e le relazioni che intrecciamo con le altre persone.
Con questo lavoro di ricerca, non ho fatto un uso acritico delle differenti e contrastanti tesi sviluppate dalle neuroscienze, ma ho cercato di rintracciare e comprendere in alcuni risultati prodotti dalla neurobiologia di Siegel, dei validi contributi scientifici per l’agire educativo. In modo particolare, ho cercato di individuare quelle utili tracce che rimandano alla promozione di un’efficace relazione educativa da mettere in atto nei riguardi del bambino.
Non a caso, ho iniziato questo lavoro introducendo nel primo capitolo la questione del dialogo tra la teologia con le altre scienze, in quanto la riflessione teologica non può fare a meno di comunicare con gli altri saperi umani perché la spiritualità avrà sempre come piattaforma di base l’umanità. La ricerca teologica ha dunque bisogno delle altre scienze per far sì che nell’uomo vi sia una maturità completa, ovvero sia umana che spirituale. Infatti non può esserci maturità spirituale senza una maturità umana che le faccia da base. Gratia perficit naturam, ovvero la grazia perfeziona e porta a compimento ciò che è già presente nella nostra natura. La teologia cristiana, fondata sulla rivelazione, ha sempre affermato l’unitarietà dell’uomo, composto di anima e corpo che insieme sente, pensa, decide. L’uomo, come immagine di Dio, è una libertà creata, capace di relazione e non una mera prestazione biologica da manipolare e modellare. Infatti, l’antropologia cristiana considera la dimensione materiale e spirituale in maniera inscindibile e la non riducibilità dell’uomo alla sola dimensione neurofisiologica. Questa visione antropologica accompagnerà il mio lavoro nel trattare la relazione educativa non intesa come una serie di strumentali passaggi, ma come un processo continuo, dove la persona, posta al centro del cammino formativo, possa svilupparsi in maniera piena.
Nel secondo capitolo ho tracciato una trattazione sulle funzionalità del cervello in rapporto all’educazione. Le conoscenze sempre più dettagliate sui circuiti neuronali non risolveranno la domanda intorno all’uomo, però avranno il merito di aprire ad ulteriori possibilità di ricerca e di approfondimento pluridisciplinari. Inoltre, l’assunzione di un punto di vista scientifico, nella lettura dei fenomeni educativi, mi permetterà di approfondire alcuni aspetti finora risultati marginali nel dibattito psicopedagogico.
Nel terzo capitolo ho trattato la questione del noi, ovvero dell’importanza di un agire educativo che tenga conto della dimensione relazionale e sociale come presupposto indispensabile. Ho quindi proposto una visione pedagogica che si traduce nel prendersi cura dell’altro, sviluppando uno stimolante rapporto di scambio. Attraverso la creazione di un noi, diventa possibile far sentire l’altro non solo accolto, ma soprattutto partecipe. In questo modo si pongono le basi per un legame educativo, dove l’altro si sentirà protagonista attivo all’interno della relazione e non un mero ricevente recluso in uno stato di passività.
Nel quarto capitolo ho voluto esplorare la questione educativa all’interno del mondo delle emozioni. Come educatori, non possiamo limitarci alla conoscenza della nostra specifica disciplina, ma è necessario acquisire quelle conoscenze e competenze che ci consentano di entrare in sintonia con i bambini per saper intercettare e gestire quei complessi ed altalenanti stati emotivi che attraversano e condizionano le loro esperienze di crescita e di apprendimento.
Nell’ultimo capitolo ho voluto presentare degli approcci volti alla valorizzazione del legame relazionale. Mettere al centro dell’azione educativa il bambino vuol dire impostare una relazione basata sulla fiducia e sulla comprensione, senza rinunciare agli obiettivi da raggiungere.
