Facoltà Teologica del Triveneto: Progetto THESIS Fttr

Tipologia Tesi: Laurea in Scienze Religiose

  • Il disimpegno morale

    una riflessione etico-teologica sul perché l’uomo riesce a fare il male continuando a vivere “bene”.

    Il 18 settembre 2015 l’EPA, Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, denuncia la casa automobilistica tedesca Volkswagen di aver perpetrato una truffa applicando un software illegale per aggirare i severi controlli dei livelli di emissioni da combustione di ossido di azoto nei motori diesel. Questo episodio è stato motivo per chiederci in quale modo le persone coinvolte in questo raggiro potessero continuare a comportarsi in maniera immorale per così tanto tempo.
    La ricerca si è proposta di indagare sulle dinamiche che scattano nella mente umana per spingere una persona ad agire in modo illecito e a continuare a vivere senza sensi di colpa, provando ad analizzare cosa significa disimpegno morale e dove lo possiamo rilevare.
    Sono stati presi in esame i meccanismi socio-cognitivi che le persone mettono in atto per tacitare i sentimenti di autobiasimo, meccanismi che operano a “livello comportamentale”, rendendo altruistica una condotta deleteria grazie a un confronto vantaggioso, a “livello di agency”, in cui le persone si sottraggono alle loro responsabilità spostando la colpevolezza su altri, a “livello di risultato”, in cui gli effetti vengono minimizzati perché non rientrano nel campo visivo, e a “livello della vittima”, in cui gli esecutori dell’azione nociva fanno rientrare le vittime nella categoria degli animali o incolpano le stesse dei maltrattamenti inflitti.
    Siamo passati quindi a verificare se nella storia era possibile rilevare qualche esempio di comportamento che potesse suffragare quanto da noi esposto, e abbiamo visto che già nella Sacra Scrittura potevamo trovarne traccia. Nell’Antico Testamento non si parla di morale, ma l’alleanza, l’obbedienza, l’ascolto della Parola di Dio costituiscono le basi su cui si fonda la coscienza. Ma come si forma la coscienza? Nei testi biblici non si parla della sua formazione, ma c’è un episodio che ci riporta a essa, ed è quello in cui il profeta Natan mette il re Davide di fronte alla sua responsabilità nella morte di Uria l’Ittita, marito di Betsabea, la donna per cui Davide aveva ceduto alla concupiscenza. Sempre nell’Antico Testamento, abbiamo indagato sull’omicidio di Abele perpetrato dal fratello Caino e del sentimento di invidia che lo aveva animato, la stessa “passione triste” (l’invidia) che aveva coinvolto i fratelli di Giuseppe nell’episodio narrato in Genesi 37,5-36. Nel Nuovo Testamento, abbiamo analizzato la decapitazione di Giovanni Battista, la sua figura vista come capro espiatorio, come del resto quella di Gesù.
    Nella storia più recente, abbiamo affrontato il genocidio degli Ebrei commesso dai comandanti tedeschi, esempio chiarificatore dell’applicazione del meccanismo di spostamento di responsabilità e di disumanizzazione delle vittime, che venivano catalogate come “subumane”. Abbiamo poi affrontato il caso del ciclista professionista americano Lance Armstrong, privato dei sette titoli mondiali consecutivi a causa del doping: per lui era normale farne uso, perché era pratica comune. E poi abbiamo analizzato il caso dei carcerieri di Abu Ghraib, che trattavano i prigionieri come animali, avvalorando la teoria del meccanismo a livello della vittima.
    Tutto questo per affermare che il cuore dell’uomo non è cambiato nella storia.
    E’ stato interessante seguire l’esperimento, compiuto da uno psicologo statunitense, che ha confermato la sua teoria: le circostanze situazionali possono trasformare il comportamento dell’individuo da morale a lesivo. Lo stesso studioso ne è stato coinvolto, ed è significativo il suo invito a vigilare.
    Come ultimo passo, si è cercato di evidenziare come il cristiano possa trovare la giusta strada per una vita buona, generosa, al servizio degli altri: il modo è seguire la via che conduce a Dio, attraverso l’amore di Cristo e percorrendo i sentieri tracciati dai valori che possiamo leggere nelle Beatitudini, riassunti nella rinuncia alla violenza, vista anche come rivalità conflittuale.
    Dal nostro studio, abbiamo capito che nessuno si può considerare immune da atteggiamenti devianti dai propri valori morali, perché le situazioni possono portare l’individuo a compiere azioni nocive neutralizzando il senso di colpa: è importante la vigilanza vista come apertura al bene e alla verità, come sguardo rivolto a Dio.



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