Domande a Giobbe. Per non perdere Dio nel male del mondo.
Il problema del male nasce dal bisogno di spiegare il grande paradosso dell’esistenza del male, laddove si creda nell’esistenza di un Dio che protegge e ama incondizionatamente l’uomo. Questa tesi rappresenta il tentativo di mettere a fuoco il tema del male attraverso alcune riflessioni sull’esperienza di Giobbe, narrata nell’Antico Testamento. Nell’introduzione vengono sollevate alcune domande […]
Il problema del male nasce dal bisogno di spiegare il grande paradosso dell’esistenza del male, laddove si creda nell’esistenza di un Dio che protegge e ama incondizionatamente l’uomo. Questa tesi rappresenta il tentativo di mettere a fuoco il tema del male attraverso alcune riflessioni sull’esperienza di Giobbe, narrata nell’Antico Testamento. Nell’introduzione vengono sollevate alcune domande circa la possibilità di spiegare il male dal punto di vista teologico. In modo particolare viene fatto riferimento alla dolorosa esperienza del Covid-19 quale esempio concreto e attuale di un male improvviso, che colpisce un’intera comunità e in cui la speranza si aggrappa ad una scienza che sembra impreparata. Il primo capitolo tende a smontare l’assioma per cui il male non colpirebbe gli uomini che sono giusti davanti a Dio; la logica retributiva, infatti, non può giustificare l’esistenza del male. Il secondo capitolo approfondisce ulteriormente il tema, cercando di riflettere sulle reazioni dell’uomo al male. In particolare, l’esperienza di Eliezer Wiesel quale ebreo scampato per un soffio alla mano del boia nel campo di concentramento porta a capovolgere l’idea di un Dio onnipotente con quella di un Dio “debole” quando si avvicina alla fragilità dell’uomo. Il terzo capitolo descrive il pensiero di Maria Zambrano la quale, da esiliata politica, utilizza la “ragione poetica” per delineare un percorso di salvezza per l’uomo da se stesso. Secondo lei l’Europa intera è sprofondata in una crisi spirituale da cui l’uomo deve emergere per rinascere e ritrovare il senso della virtù. Per non abbandonare Dio, è necessario operare un profondo cambiamento del nostro modo di ragionare e di sentire.