Annuncio e dialogo interreligioso in Burundi
Un servizio alla riconciliazione e alla pace
L’oggetto principale di questa ricerca come definito dal titolo è “l’annuncio e il dialogo interreligioso in Burundi. Un servizio alla riconciliazione e alla pace”. Si è cercato infatti di circoscrivere quelle che sono le vastissime tematiche dell’annuncio e del dialogo interreligioso nel contesto di questo piccolo Stato dell’Africa centrale. Descritto uno scenario politico e demografico, la situazione socio-culturale e religiosa attuale, con lo scopo principale di analizzare il dialogo interreligioso nel particolare contesto della pace e della riconciliazione.
Si avverte subito che, anche se si sta parlando di dialogo interreligioso, l’intento di questa tesi non è quello di parlare dei principi dottrinali dell’ecumenismo né del dialogo interreligioso. Ma, di “Credenze diverse, azione comune” per promuovere e sostenere il processo di ricostruzione della pace basato sulla ricerca della verità, condizione necessaria e sufficiente per una vera riconciliazione del popolo burundese. Un popolo segnato e lacerato da tantissime e dolorose prove causate dalle divisioni irragionevoli dei suoi figli.
Le religioni hanno la prerogativa di illuminare le coscienze, di promuovere il bene comune, di edificare la società in cui vivono; sono fonte di dialogo e di pace perché la fede sincera apre all’altro, genera dialogo e opera il bene. Per i cristiani, il dovere di annunciare è un mandato che ogni battezzato ha ricevuto, in quanto gli è stato dato da Gesù stesso, e deve rappresentare uno dei suoi principali impegni e non può farne meno. La Chiesa esiste per evangelizzare, è chiamata ad essere “lievito nel mondo” e nei vari contesti in cui si è inserita prendendo contatto con le persone e con le realtà, a prescindere che si tratti di battezzati o meno. Il Kerygma non deve quindi restare un annuncio astratto, ma come Gesù si è fatto carne, così l’annuncio deve incarnarsi in ciascuno di noi. Esso deve rendere tangibile il comandamento dell’amore, instaurando un dialogo con le altre religioni e culture e portando a tutti l’annuncio di pace e di amore.
Considerato, infatti, che il Burundi non presenta particolari criticità nella convivenza tra varie religioni, mentre sono piuttosto le rivalità politiche e personali a generare violenza, l’obiettivo principale di questa ricerca, è cercare di dimostrare come in un difficile contesto politico come quello del Burundi, il dialogo interreligioso possa essere strumento di coesione non soltanto per favorire la fraternità tra persone con varie fedi, ma anche e innanzitutto come possa mediare e placare i conflitti in ambito politico. Cioè determinare in che modo sia possibile promuovere ed estendere il dialogo interreligioso come un ponte che unisce le varie comunità religiose, i gruppi sociali e politici. Studiare quali sono le forme del dialogo adatte che potrebbero essere messe in atto per riconciliare il popolo burundese. Come le religioni e gruppi religiosi presenti sul territorio burundese possano impegnarsi unitamente e concretamente tutti insieme per la causa della pace e della riconciliazione. Come possano superare i vari stereotipi che tentano di rinchiuderli ognuno in mondi separati, isolati e attento soltanto del proprio orticello per potere mettersi insieme e promuovere la pace duratura. Il dialogo è condizione della pace, serve a promuovere il rispetto, la comprensione reciproca e la collaborazione. Quella pace duratura che non significa soltanto assenza di conflitti ma, quel profondo spirito di giustizia che si costruisce giorno per giorno; quella lenta ma costante coscientizzazione di fare propria la ricchezza inestimabile della diversità.
Il secondo obiettivo altrettanto importante di questa ricerca, è naturalmente ribadire il giusto rapporto che ci dovrebbe essere tra il dialogo interreligioso e l’annuncio del Vangelo. Fare emergere non solo la loro importanza, ma esaltare la loro indispensabilità e la loro complementarietà come due facce fondamentali della stessa missione evangelizzatrice della Chiesa.
Infatti, la Chiesa cattolica che è in Burundi, la quale accoglie dentro di sé tutte le etnie e tutti gli orientamenti politici, si sta rivelando fortemente uno strumento efficace per stabilire legami fraterni tra gruppi in contrasto. E in questa missione non è da sola, ma è in collaborazione e in dialogo con le altre principali tradizioni religiose esistenti sul territorio nazionale. La religione sembra proprio essere l’ultima via per la riunificazione del popolo, dato che la politica, in un modo o l’altro, ha disatteso le aspettative di riconciliazione e di pace, per il fatto che si è sempre presentata di parte, in passato sotto il pretesto etnico, oggi, anche e soprattutto, sotto quello di schieramento politico. Servirà allora del tempo prima che le autorità politiche in Burundi possano riacquisire la credibilità unanime di tutto il popolo e diventare punto di riferimento per tutti e riunificarli sotto il loro nome. Nel mentre potrà essere lo spazio interreligioso (in prima linea la Chiesa cattolica) a fungere da mediatore, da casa per tutti, da terreno fertile per la crescita della libertà di ogni cittadino. Infatti, come afferma Papa Francesco, «il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme con tutti coloro che hanno buona volontà» . La pedagogia divina del dialogo non consiste soltanto in parole, ma anche in opere; le parole manifestano la “novità cristiana”, quella dell’amore del Padre, di cui le opere danno testimonianza.
