«Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29). Sviluppo della categoria del prossimo dal libro del Levitico all’enciclica Fratelli tutti
Tutti noi conosciamo l’importanza del comandamento dell’amore. Anche da esso, infatti, dipende la bontà delle nostre relazioni interpersonali e la Sacra Scrittura ha molto da insegnarci a tale proposito. Partendo dall’Antico Testamento, il libro del Levitico ci consegna uno dei precetti fondamentali che Dio ha voluto donare per primo ad Israele in qualità di popolo […]
Tutti noi conosciamo l’importanza del comandamento dell’amore. Anche da esso, infatti, dipende la bontà delle nostre relazioni interpersonali e la Sacra Scrittura ha molto da insegnarci a tale proposito. Partendo dall’Antico Testamento, il libro del Levitico ci consegna uno dei precetti fondamentali che Dio ha voluto donare per primo ad Israele in qualità di popolo eletto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Ma cosa si intende con il concetto di prossimo? A partire da questa domanda, nasce il mio interesse ad indagarne lo sviluppo dall’Antico al Nuovo Testamento.
Proprio nel Vangelo di Luca si giunge al culmine della nostra ricerca grazie alla parabola del buon Samaritano, la quale tenta di rispondere alla curiosità di uno scriba che interroga Gesù proprio per chiedergli: «Chi è mio prossimo?» (Lc 10,29). Questo racconto viene a giusto titolo considerato un racconto esemplare, perché ci consegna al termine un modello da seguire: quello del Samaritano che, per il comportamento attuato, viene definito proprio un buon Samaritano.
L’importanza e l’attualità di questo insegnamento sono tali da far sì che questa parabola sia stata ripresa anche da papa Francesco in occasione della stesura della sua lettera enciclica Fratelli tutti. Essa non si limita soltanto a rileggerne il contenuto calandolo nell’oggi, ma rinnova altresì l’invito ad un amore universale, affinché tutti noi impariamo ad essere dei buoni samaritani.