Di generazione in generazione?
la sensibilità spirituale dei giovani e il loro rapporto con la tradizione. Una lettura in prospettiva teologico-fondamentale.
Che cosa spinge un giovane di oggi, un ventenne del 2020, a riferirsi, per la propria formazione, ad una tradizione e comprensione di Chiesa risalente ad un’epoca che lui non ha mai conosciuto e che tuttavia percepisce come in grado di assicurargli un’esperienza spirituale? Da questa domanda è nato il presente lavoro di tesi. Ad un osservatore attento può accadere infatti di notare come un giovane d’oggi possa facilmente identificarsi con schemi, modelli e protagonisti di un’epoca precedente alla sua, non solo recuperando un repertorio simbolico – ad esempio preghiere, testi, canti e devozioni – da cui quella generazione riteneva di dover prendere le distanze, ma sostenendo di riuscire anche a trarne giovamento senza quelle unilateralità che ne avevano motivato l’oblio e reperendo così risorse per la propria formazione anche spirituale. La storia del secolo che ci ha preceduto, infatti, è stata ricca di personalità ed eventi storici che avevano formato una eredità culturale e di tradizioni ben diverse dal contesto sociale in cui viviamo ora, caratterizzato da un diffuso sfarinamento delle istanze che dovrebbero reggerlo, quali un senso condiviso su che cosa sia la famiglia, la politica, la libertà individuale e i doveri personali. Proprio per questa incertezza generalizzata, le giovani generazioni, bisognose di costruirsi un’identità a procedere da un dialogo costruttivo con dei riferimenti affidabili, a volte cercano quest’ultimo ritornando al momento storico più recente in cui ritengono fosse ancora presente un solido patrimonio culturale e identitario, ristabilendo con esso una continuità arbitraria o, meglio, artificiosa, talora riandando nostalgicamente alla ricerca di usanze perdute in realtà mai sperimentate personalmente, altre volte ponendosi in contrapposizione polemica rispetto ai soggetti e ai momenti precedenti, che di quelle usanze erano i protagonisti.
L’ipotesi da cui parte la presente indagine – che riteniamo intercetti l’interesse fondamentale della teologia, e in specie alcune sue aree determinate, come la storia della teologia, ma anche la teologia della storia, la pastorale, la teologia spirituale e la stessa teologia fondamentale – è che, di fatto, si sia prodotta una qualche cesura a scapito della trasmissione di quanto costituiva il patrimonio comune del passato, e che i soggetti delle generazioni attuali si trovino costrette ad assumersi individualmente l’onere di recuperare contenuti e riferimenti ancora validi che evidentemente non riescono a trovare nel contesto in cui vivono. Spesso, però, ciò avviene in maniera semplicistica o anche polemica, ossia pretendendo di ritornare al momento precedente le svolte o i grandi cambiamenti storici, posizionandosi in modo speculare o reattivo rispetto ai soggetti e ai momenti che li precedono e che di quella trasmissione avrebbero dovuto essere responsabili, rendendosi protagonisti piuttosto – o essendo accusati di esserlo – della sua mancanza.
Nostalgico ritorno al passato voluto per se stesso ovvero rimemorazione come riscoperta autentica di un patrimonio comunque prezioso, da recuperare integrandolo con la sensibilità attuale: sono queste le due dinamiche, entrambe presenti oggi, che si intendono indagare nelle loro cause e nelle problematicità e possibilità in esse racchiuse, a partire da una ricostruzione storica che avverrà per sommi capi, funzionali a delimitare il contesto in cui si è prodotta la questione specifica oggetto della tesi; la quale, se anche non è formalmente riconducibile a nessuna area in particolare della sistematica teologica, nondimeno le intercetta tutte, trattandosi di una questione che attiene all’effettiva esperienza credente delle attuali generazioni.
