Il rito di consacrazione delle vergini. Applicazione nella storia e nell’attualità
Il Rito di Consacrazione delle Vergini si presenta come quell’atto liturgico “pubblico e solenne” per cui una donna diventa “virgo sacrata”, segno sublime dell’amore che la Chiesa porta a Cristo, immagine escatologica della sposa celeste e della vita futura. Attraverso questo antico rito di consacrazione, riportato alla luce nella sua caratteristica originaria solo in epoca […]
Il Rito di Consacrazione delle Vergini si presenta come quell’atto liturgico “pubblico e solenne” per cui una donna diventa “virgo sacrata”, segno sublime dell’amore che la Chiesa porta a Cristo, immagine escatologica della sposa celeste e della vita futura. Attraverso questo antico rito di consacrazione, riportato alla luce nella sua caratteristica originaria solo in epoca recente, la Chiesa intende non solo manifestare quanto essa stimi il carisma della verginità, ma anche donare una testimonianza per il mondo attuale.
Testimonianze autorevoli, letterarie e storiche infatti, ci raggiungono ancora oggi se si considera come, con grande sorpresa, l’alta considerazione dello stato verginale rientri nel più vivo discorso in merito alle origini della Chiesa. Essa è accompagnata, nel suo nascere e nel suo diffondersi nel mondo, dalla testimonianza dei martiri che spesso erano delle vergini, cioè delle giovani donne non sposate con un uomo.
Il culto delle prime martiri vergini di cui si ricorda la venerazione dall’antichità come Agnese e Cecilia a Roma o Lucia e Agata in Sicilia, si diffuse in tutto il mondo cristiano. Parallelamente al culto dei martiri, particolare venerazione ebbe nell’antichità il culto a Maria Vergine, attestato dalla primissima antichità cristiana: il primo dogma mariano risale al Concilio di Efeso (431) , conseguenza di un culto già praticato e consolidato, almeno nel vicino Oriente Cristiano.
Risalgono al III sec d.C. le prime testimonianze di donne cristiane che dedicavano la loro vita al servizio di Dio e della Chiesa attraverso la preghiera, il servizio, il silenzio e spesso la penitenza. Vivevano nel deserto, soprattutto in Oriente, ma, spesso in Occidente, anche nelle città .
Le donne che seguivano Gesù dalla Galilea, come raccontano i Vangeli , offrivano un modello alle donne che dal paganesimo passavano attraverso il “lavacro del battesimo” alla “nuova vita dei risorti”. Queste sceglievano lo stato di verginità per indicare a tutti la bellezza del Regno di Dio per il quale, come l’evangelista Matteo fa dire a Gesù, alcuni si fanno “eunuchi” .
Pertanto, nella predicazione dei Padri della Chiesa, la verginità veniva elogiata come testimonianza di fedeltà e di integrità al messaggio evangelico che queste donne offrivano alla comunità cristiana, in un contesto in cui il mondo, là dove non sembrava idolatrico o pagano, facilmente arrivava alla contaminazione filosofica gnostica e che pertanto risultava,spesso,eretico.
Così, in particolare per le donne che desideravano radicalmente vivere e testimoniare la bellezza della vita con Cristo, i Padri della Chiesa evidenziarono un legame particolare che le univa a Cristo: un legame che verrà a qualificarsi come “sponsale” per il riferimento alla Sacra Scrittura, ma anche per ragioni antropologiche e storiche.
Al fine di fornire uno studio sul rito, che sempre nella prassi del cammino di fede e di vita dei celebranti pone la sua realtà genetica e insieme il suo campo di azione, è importante trattare la questione della condizione di vita delle vergini consacrate, a conferma tanto della solidità della tradizione apostolica, quanto della bellezza di questa forma di vita carismatica,non irrigidita ma completamente plasmabile nel corso della storia, tanto da sparire per oltre dieci secoli e poi riemergere nel contesto attuale.
Il presente lavoro si interessa, inoltre, ad un episodio tratto dalla storia che ci porta nel vivo della condizione delle vergini del IV sec.
Si tratta di un episodio curioso e singolare che, se pur non rispondendo forse in modo esaustivo ai diversi e numerosi interrogativi che potremmo avere sulla condizione di vita delle donne consacrate “in saeculo”, risulta ben documentato e quindi certamente accaduto, ben inserito nella situazione ecclesiastica italiana del IV sec e testimonianza del fatto che i legami tra le chiese di Verona, Roma e Milano erano frequenti e solidi, contrariamente a quanto si possa pensare.
La vergine in questione è una consacrata nella chiesa di Verona dal vescovo Zeno, santo e patrono della città attualmente venerato con grande devozione dal popolo veronese.
Ma in questo contesto, l’interesse per il “caso Indizia” appare importante per la comprensione dello sviluppo storico del rito:potrebbe infatti costituire uno dei motivi per cui, già dall’antichità, la condizione delle vergini “in saeculo viventes” finirà per essere considerata “rischiosa”.
Considerato quel delicato passaggio di cambiamento dalla condizione “in saeculo” a quella monastica, si passerà all’applicazione del rito di consacrazione nel contesto attuale.
Dopo 40 anni dal ripristino dell’antico rito, si prenderanno in esame, non tanto le statistiche, ma alcune riflessioni, e anche diversi interrogativi, che possono sorgere di fronte al misterioso ritorno di uno stile di vita riaffiorato dal passato.
Il Beato papa Giovanni Paolo II ricordava con insistenza alla Chiesa all’inizio del terzo millennio l’appello alla “Nuova Evangelizzazione”, che ancora oggi torna sempre più insistente.
Il carisma della verginità accolto, celebrato e vissuto può essere allora un servizio che la Chiesa rende all’attuale società, così come lo era in passato.
Certamente lo sarà anche nel futuro perché la verginità per il Regno dei cieli è, in sé, una “condizione profetica” in grado di dire a tutti ciò che siamo e ciò che saremo: “figli di Dio e coeredi di Cristo”, uniti a Cristo, per la vita eterna.