In cammino con Dio a ritmo di musica
Insegnare religione cattolica con la musica: una proposta didattica nella scuola dell’infanzia
Un percorso di ricerca motivato dalla possibilità e voglia di attuare e sperimentare un’idea che mi abita da tanti anni: insegnare religione attraverso la musica.
Nel primo capitolo, in compagnia della Bibbia, ho cercato di cogliere come il popolo d’Israele ha percepito e vissuto la musica strumentale ed il canto. Ho colto che le pagine dell’A.T. rivelano che il canto, insieme all’arte del suonare degli strumenti musicali e danzare, è stato compagno di viaggio del popolo d’Israele. Un popolo che, si potrebbe dire, citando le parole di S. Agostino, “canta e cammina”. Così, ho appreso che, tra momenti di culto, di feste e di normale quotidianità, a suon di trombe, corni, cembali, cetre, arpe, sistri, tamburelli e canti, in atteggiamento di cammino interiore ed esteriore, il popolo costruiva, mentre viveva, la sua relazione con Jahvè, il suo cammino di fede, la sua storia di salvezza.
Poi, convinta che il linguaggio musicale porti in sé e con sé aspetti educativo-teologici, nel secondo capitolo ho individuato e riportato alcuni di essi raggruppati in tre binomi: la voce e l’ascolto, il silenzio e la parola, infine, il tempo ed il ritmo. Ho pensato la relazione tra Dio e l’uomo come una relazione scritta su uno spartito musicale dove ci sono delle chiavi di lettura, delle indicazioni di tempi, ritmi, silenzi; dove possono esserci delle parole che richiedono voci che le interpretino e persone che ascoltino con le orecchie del cuore, come direbbe don Saliers.
Nella storia del popolo eletto, l’invito ad ascoltare è stato come un ritornello all’interno di un canto. Infatti, nelle pagine dell’A.T. il famoso «Ascolta Israele» (Dt 6,4), seppure con varie forme, ricorre spessissimo. Per Israele allenare l’orecchio all’ascolto ed affinare questa capacità era come una garanzia che egli stava camminando nella direzione della vita secondo Jahvè.
Ma quando la voce dei profeti denunciava ingiustizie ed invitava a rivedere il proprio stile di vita, in chi non condivideva tale invito non solo l’ascolto scemava, ma affiorava e si rafforzava la voglia di mettere a tacere quelle voci. Come era avvenuto anche con la voce di Giovanni Battista. Infatti, la sua voce, diventata sgradita e scomoda, taccerà sulle note di una danza: quella della figlia di Erodìade.
Nel terzo capitolo tutte queste riflessioni confluiscono in un percorso didattico svolto con bambini delle scuole dell’infanzia in cui attualmente lavoro. La musica è stata la nostra compagna di cammino fin dalla prima lezione.
Premetto che quando ho proposto la creazione i bambini conoscevano già i nomi degli strumenti musicali, sapevano di che materiale erano fatti e li riconoscevano dal suono.
Per ogni giorno della creazione ho dedicato una lezione in cui leggevo i versetti del libro della Genesi, poi proponevo una canzone invitando i bambini ad ascoltare attentamente ed individuare la parola che si ripeteva o di che cosa parlava. Poi, pensando all’elemento della creazione individuato, cercare di abbinarlo ad uno o più strumenti e motivare la scelta. Sceglievano in base ai suoni, al materiale, al colore e alla forma degli strumenti.
Nel quarto capitolo ho riportato la rilettura dell’esperienza in chiave pedagogico – teologica.
Posso dire che i bambini hanno potuto affinare la capacità di ascolto, sperimentare l’arte del silenzio, la condivisione, il rispetto dei ritmi e tempi degli altri, l’appartenenza ad un gruppo.
In effetti, anche i bambini che, per vari motivi, non riuscivano a comunicare con la parola, partecipavano alle proposte attraverso l’ascolto delle canzoni, il battito delle mani, l’esecuzione dei ritmi proposti e suonati attraverso varie parti del corpo, danzando, fingendo di dirigere le canzoni, suonando strumenti a percussione. Tutte modalità che li facevano sentire appartenenti e non esclusi dalla comunicazione, dal gruppo classe, dalla possibilità di esprimere le loro emozioni, la loro gioia di esserci, di suonare e di stare insieme. Condivido, perciò, pienamente le parole di Léos Janàcek, «Dove la parola manca, là comincia la musica; dove le parole si arrestano, là l’uomo non può che cantare».
