L’evento-intimità
risorsa e mistero dell’essere persona. Un itinerario di fuochi interpretativi.
Da tempo la filosofia e la teologia si sono orientate verso un’interpretazione relazionale della persona: dalla sostanza, alla relazione. In particolare, ci riferiremo nella parte preliminare del nostro lavoro, agli esiti dei dibattiti contemporanei promossi da Ricoeur e da Lévinas, che hanno decostruito e costruito la questione teoretica del soggetto, sotti i ferri di una nuova ermeneutica del sé, fondandola alla sorgente del tema dell’intersoggettività. A dispetto di un certo solipsismo cartesiano, il soggetto non si configura più come l’asse centrale della filosofia moderna, sostituito dal mondo stesso della coscienza, che da semplice dato oggettivo diviene compito eterodeterminato, attraverso il riconoscimento dell’altro e delle sue tracce. L’alterità diviene così prospettiva originaria e profonda nel processo di costituzione dell’identità. e l’essere-persona diviene capacità di stabilire relazioni e di porsi come io davanti ad un tu nella mediazione della volontà, della responsabilità, della libertà, addirittura del corpo e della capacità di amare. L’identità della persona non si disvela che grazie a una relazione, a un uscire da sé e l’altro diviene risorsa in tale senso, vicinissimo e allo stesso tempo inafferrabile, poiché l’altro-persona è sempre essere costitutivamente unico, irripetibile, ma allo stesso tempo relazionale. In mezzo a questo assetto, il presente elaborato si prefigge di indagare un non-luogo capace di frastornare, chiamato intimità. Illuminati dalla via aperta e mirabilmente sondata da François Jullien, cercheremo di comprendere in che modo essa può farsi approdo, risorsa, riconoscimento dell’Altro, vero e proprio filo discreto che spinge verso l’interiorità della persona, ma che risale anche in superficie, ai dinamismi dell’alleanza duale. Un fenomeno che appare un’inclinazione affettiva individuale, ma anche una relazione basata sull’appartenenza reciproca; un’esperienza forte, ma fragile; le direzioni sono sempre due, due movimenti apparentemente in contraddizione, uno introflesso, l’altro estroflesso, gli stessi contenuti in: «Ama il prossimo tuo come te stesso». L’ intimità è un concetto che non può essere prescritto, ma solo descritto, perché a conti fatti non lo è: è un evento, piuttosto, che istituisce e riguarda la cifra dell’essere dell’uomo. Dopo una breve rassegna semantica in cui si tenterà di riferire il senso paradigmatico dell’espressione agostiniana “interior intimo meo” che ha prodotto una vera e propria insanabile voragine nell’Occidente tra il valore della trascendenza e quello dell’immanenza, proveremo ad aprire alcuni varchi, alcune soglie di accesso, con la finalità di dare le coordinate principali dell’intimità. Esse ci consentiranno per quanto possibile una grammatica di tale concetto a partire da Jullien. L’intimità tra: corpo e spirito; eros e agape; solitudine e comunione; estasi e pudore. Questi quattro fuochi interpretativi dialogheranno, in senso diacronico, con approcci, con prospettive differenti e con autori diversi. In questa sede citiamo solo i principali: Jullien, per un approccio filosofico; Lacroix, per un approccio morale; Grun, per un approccio spirituale; Giovanni Paolo II, per un approccio teologico. L’ultimo sguardo, quello sintetico, avrà una caratura eminentemente morale: se «l’intimità è l’irruzione continua di un’immensità del Fuori, ma al più interno del mio interno», in che modo essa può farsi vera e propria risorsa a servizio della morale? Che cosa promuove davvero di incommensurabile, in analogia con la proposta cristiana?
