«Parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi» (DV 2). L’uomo come interlocutore di Dio: un percorso a partire dal confronto con le fenomenologie di J.-L. Marion e J.-L. Chrétien
L’uomo come interlocutore di Dio: un percorso a partire dal confronto con le fenomenologie di J.-L. Marion e J.-L. Chrétien
La Buona Novella giuntaci con e in Cristo è ancora capace di parlare all’uomo di oggi? L’Evangelo costituisce un anacronismo affaticante per le esigenze di libertà e leggerezza dell’uomo contemporaneo? Il contesto attuale e gli interrogativi che ne derivano interpellano la Chiesa e invocano nuove modalità del discorso su Dio, facendo emergere come necessario un cambio di prospettiva, quale sfondo ineliminabile di ogni pensiero e agito in ambito cristiano. Alla luce di tale esigenza, si raccolgono alcuni guadagni della fenomenologia francese a partire dal pensiero di J.-L. Marion e J.-L. Chrétien, con l’obiettivo di mettere in luce come la loro ricerca filosofica assuma una significativa rilevanza capace di riflettersi anche in ambito teologico, nell’ordine della formulazione di una serie di coordinate utili per leggere e comprendere la fede all’interno di una drammatica segnata da un recupero non solo della dimensione fenomenica-donante, ma altresì del rilievo e della portata della libertà responsoriale, nell’orizzonte di una rinnovata riflessione sulla fede come evento relazionale. I guadagni emergenti dalla fenomenologia francese illuminano la Tradizione della Chiesa, fornendo il “medio concettuale” adeguato per un mutamento necessario: teologia e antropologia sono chiamate a recuperare la loro forma relazionale, ad abbandonare un’ontologia monadica, tanto per Dio quanto per l’uomo, al fine di traghettarsi verso un’ontologia relazionale; essa non costituisce un rivestimento estraneo al messaggio del Vangelo, ma, all’opposto, ne costituisce il cuore. Il Dio cristiano non è un inarrivabile, impassibile, inappellabile Essere supremo, relegato nel suo cielo; Egli è il Dio con-discendente, il Dio che discende per stare con l’uomo, desideroso e instancabile tessitore di una relazione con lui, con la “seconda libertà” che egli stesso ha posto quale suo “altro” capace di una risposta libera, responsiva e responsabile. Si tratta oggi di vivere, ricomprendere e annunciare, con la forza che viene dalla testimonianza, la fede come evento relazionale nel quale l’uomo
non è solo destinatario e termine dell’azione divina, ma interlocutore raggiunto da un appello, abilitato e chiamato ad attuare la sua libertà in un reale coinvolgimento che non è secondario nemmeno per la comunione trinitaria.