Facoltà Teologica del Triveneto: Progetto THESIS Fttr

Tipologia Tesi: Laurea in Scienze Religiose

  • Quale Dio salverà il mondo?

    In dialogo con J. Moltmann e k. Charamsa sull’impassibilità divina

    La questione centrale della tesi verte intorno al tema dell’impassibilità divina. Un tema attuale, che mette in gioco il modo di pensare Dio e tocca la questione del soffrire, esperienza comune ad ogni persona. L’interrogativo sul senso della sofferenza è, in definitiva, un quesito sul volto di Dio: è Colui che sperimenta con me il dolore ed è turbato di fronte al male, oppure è Colui che non si lascia toccare dalla mia sofferenza e in essa opera la salvezza? Quale Dio allora salverà il mondo? Il Dio onnipotente che ci libera dal male o il Dio sofferente che ha bisogno di essere salvato con noi?
    Si tratta di interrogativi aperti, raccolti e approfonditi da molti studiosi, tra i quali Jürgen Moltmann, teologo riformato tedesco, sostenitore della sofferenza di Dio e in Dio, e Krzysztof Charamsa, teologo cattolico polacco, che abbracciando la visione classica tomista afferma l’impassibilità di Dio. Questa visione è stata recentemente messa in discussione a causa di vari fattori, come gli sviluppi del pensiero filosofico moderno, con particolare riferimento a Hegel e ai filosofi idealisti; alcuni studi ebraici, come quelli di Heschel sul pathos divino e la dottrina della Shekhinah; infine una nuova sensibilità culturale che, in seguito alle tragedie provocate dai totalitarismi del Novecento, si interroga sul rapporto tra Dio e il male e sempre più spesso ne trae la conseguenza che Dio non può non partecipare alla sofferenza umana, se davvero è buono e giusto. Questi elementi hanno creato la base d’appoggio per l’accoglienza di una diversa visione di Dio: non più immutabile e impassibile, bensì pienamente coinvolto nei drammi umani e capace di patire e com-patire con l’uomo che soffre. È questa la strada intrapresa da Moltmann che si interroga sull’identità del Dio trinitario a partire da Cristo, e in particolare dall’evento della morte in croce. Nel grido di Gesù morente, il teologo tedesco rintraccia il legame tra croce e Trinità: il Figlio è abbandonato dal Padre che lo consegna per noi. Ma il Padre, abbandonando il Figlio, abbandona anche se stesso; l’amore che unifica si trasforma in una radicale separazione mostrando così come la croce di Cristo sia avvenimento di Dio e in Dio.
    La Scrittura ci consegna il volto di un Dio che è il Vivente, pieno di vitalità e dinamicità, per cui va esclusa ogni immutabilità che veicoli staticità o rigidità. D’altra parte è necessario verificare fino a che punto sia legittimo porre in Dio la mutabilità e la passibilità, cioè la successione di stati d’animo in dipendenza da fattori esterni.
    La via cristologica sembra l’unica in grado di tenere uniti la necessità di un coinvolgimento di Dio e il suo rimanere se stesso, condizione indispensabile per la liberazione dell’uomo dal male. La sofferenza che è predicata del Figlio nella sua condizione di incarnato veicola l’idea di un Dio follemente innamorato dell’uomo, un Dio la cui cifra non è la sofferenza ma l’amore. L’opera divina è sempre a favore della vita, perché Dio non gode del peccato e della sofferenza, ma si compiace del bene e fa rifiorire la vita là dove essa si spegne. Il fatto che Gesù non si lasci fermare, nel dono di sé, dal rifiuto degli uomini, è indice di una stabilità che può trovare fondamento solo in Dio, un Dio fedele a se stesso, roccia sicura nel quale solo può esserci salvezza.



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